mercoledì 5 marzo 2014

Bedlam Club #3

UBIQUITA' E SUSHI ALLA PESCATORA (SEX AND THE CITY - 2008)



“Salve”
“Buongiorno, Nicola. Prego, dopo di lei...”
“Ma si figuri, faccia, faccia con comodo...”
“Ma vuole scherzare... Mi permetta di tenere alzato il coperchione...”
“Grazie, ma non deve...”
Andammo avanti così a lungo, e ogni volta allo stesso modo, cortesi, cerimoniosi, ma formali, dandoci sempre del Lei. E intanto il povero cassonetto, guardando ora l'uno ora l'altro, attendeva sbavando il nostro fetido sacchetto quotidiano.
Il giorno prima gli avevo restituito la videocassetta e dalla chiacchierata che ne seguì mi convinsi che avrei imparato tanto da una persona del genere. Per diversi giorni continuammo ad incontrarci su quel ciglio di strada, davanti alla differenziata, a parlare di cinema. Si diceva che prima o poi avremmo visto un film insieme, ma i giorni passavano e ancora non arrivava nessun invito. Così un giorno presi io l’iniziativa e lo invitai da me. 
Per prima cosa ne parlò con Marisa, sua moglie.
“Vai a casa di chi? A fare cosa?”
“Mi ha invitato a guardare un film”
“Ma io avevo già chiesto a Rosaria di passare a trovarci”
“Embè? E’ perfetto! Ve ne state tra voi donne, tranquille, tu, Rosaria, Zia Mafalda e compagnia bella (da quelle parti si usa molto dire compagnia bella). Carmelo è col nonno a giocare nel parco. Cugino Cleonte... lo sappiamo, non è un problema.”
“Vabbè. Allora anche noi ci guardiamo un film”
“Brava. Mi sembra un’ottima idea”.
Trovarono quindi un accordo. Buon per loro. Buon per noi. Fu un pomeriggio indimenticabile. L’inizio di una lunga e profonda amicizia. Il giorno in cui cominciammo a darci del Tu. 
Nicola mi spiegava che per decifrare il linguaggio cinematografico è necessario prendere confidenza con alcune pellicole fondamentali nella storia del cinema, alcuni film che Nicola mi descrisse come pietre miliari, fondamenti imprescindibili, pilastri reggenti, menhir di cine-sacralità.  
Così le ragazze si gustarono la visione di un filmetto da donne, “Sex and the City”. 


Noi avevamo progetti più complessi, una roba virilmente strutturata, o strutturalmente virile, che desse luogo ad ampie e ricche discussioni sullo sguardo e il pensiero. Insomma, un film da uomini.
Quel pomeriggio guardammo “Senti chi parla”. 



Da questo punto in poi (almeno fino alla fine di questo capitolo) il dovere di cronaca mi impone di sdoppiare ubiquamente il punto di vista narrante, da voce immanente a narratore onnisciente, sebbene pare che l’onniscienza si addica al Sottoscritto nella stessa misura in cui sia sensato parlare di Hegel con uno gnu. 
Questo perché, nello stesso momento in cui Nicola incideva chirurgicamente e analiticamente le sequenze di quel film così importante, Marisa si stava lasciando plasmare da quell’universo sciccoso fatto di donne moderne, alla moda. 
Così da una parte la mente assetata di sapere del Sottoscritto viaggiava a velocità siderali tra le comparazioni teoriche di Nicola; dall’altra la mente vulnerabilmente casalinga di Marisa prendeva coscienza del fatto che altrove vi è un mondo dove le donne vivono una vita fatta di cocktail, moda, scarpe firmate e un via vai di uomini confusi e disponibilissimi. 
Da una parte il Sottoscritto si struggeva all’idea di un’esistenza trascorsa nell’inconsapevolezza, nell’ombra dell’ignoranza; dall’altra Marisa ripensava alla sostanziale differenza tra “The City” e Cerciabella, dove al posto delle scarpe sbrilluccicose da mutuo ventennale poteva trovare delle Melluso per Rosaria che soffriva per l’alluce valgo. Da questo lato del vialone un assorto Sottoscritto non distoglieva lo sguardo dal suo nuovo Mentore e Maestro; dall’altro una casalinga disperata misurava attenta i connotati della sua muliebre cerchia di amiche del cuore: Rosaria la Tabaccaia delle Castella, pingue e dondolante sui suoi piedini rinchiorti; Rina, moglie di Nando Er Lametta, un ospite fisso della Casa Circondariale di Velletri, la quale provò inizialmente (e inutilmente) a guadagnarsi da vivere lavorando come badante presso la malvagia e feroce Zia Mafalda; la Zia stessa, ottantacinquenne di Terracina, da tempo installata su un impianto mobile inizialmente concepito come semplice carrozzella da invalido, poi divenuta mano mano una struttura polipòide da cui si allargava un tentacolare via vai di tubi di catetere, ossigeno e flebo, con tanto di sacchette, bombolette, inalatori nasali e bracci di sostegno per boccette rovesciate; infine, a completare il cast l’Unica Vera Badante Possibile e Concepibile per cotanta Zia, la Colossale Dragomira, una moldava-bulgara-romena-non-s’è-mai-capito-bene-di-dove-fosse di centotrenta chili, dotata di solida robustezza di carattere insieme ad un innato temperamento cosacco.
I due film procedevano e si dipanavano, ignari l’uno dell’altro, ma soprattutto inconsapevoli dell’effetto profondo che avrebbero suscitato nelle menti di due personaggi diversamente assorti: il Sottoscritto capì che aveva passato tutta la sua esistenza nel buio; Marisa capì che la sua vita era uno schifo. Il Sottoscritto decise che da quel momento in poi avrebbe impiegato il resto dei suoi giorni a comprendere i misteri della vita scomponendone i segnacoli tra le parole attente e misurate di Nicola Pozzarelli; Marisa decise che forse non avrebbe potuto cambiare una virgola del suo vivere quotidiano fatto di tagliatelle e cif ammoniacal, ma almeno avrebbe dato una svolta decisiva al resto di quella serata.
Congedò le amiche (Dragomira trascinò di sopra una riluttante Zia) e si assicurò che Carmelo e il nonno fossero ancora nel parco a giocare. Quanto a Cugino Cleonte, quello non era un problema... 
Calcolò che di lì a breve il marito sarebbe tornato a casa e che per un po’ si sarebbero trovati soli, così le venne l’intuizione che avrebbe restituito un po’ di stile alla circostanza. Pensò di emulare una sequenza di “Sex and the City”, non ho ben capito quale dato che non ho visto il film in questione. L'idea era quella di farsi trovare “al naturale”, con porzioni di sushi ben distribuite nei punti “sensibili”. Ma a Cerciabella non è facile trovare del sushi, così si è cosparsa di risotto alla pescatora e si è posizionata sul tavolo in attesa che il marito rientrasse. 
Il problema fu che fece male i calcoli. Finito il film da donne, le donne tornano alla vita quotidiana. Finito il film da uomini (Senti chi parla) gli uomini ne discutono la sostanza per ore ed ore. Così Marisa si addormentò nell’attesa mentre gli uomini si salutarono dopo aver sviscerato viscere e frattaglie del sapere.
Nicola si incamminò inconsapevole verso casa. Al rientro notò uno strano traffico di gatti che andavano a scovare dei gamberetti freddati direttamente sul corpo della poveretta, la quale ronfava come un pitbull. Pensando ad uno scenario tipo Charles Manson, Nicola uscì fuori in strada urlando come un invasato. Marisa si svegliò faccia a faccia con un felino spelacchiato dalla cui bocca fuoriusciva un tentacolino di calamaro. Uscì fuori in strada urlando anche lei e disseminando mappazze di risotto alla pescatora sul marciapiede, inseguita da un'orda demoniaca di felini inferociti. Quando Nicola si vide arrivare incontro una pazza ignuda, con un esercito di bestie al seguito e una enorme chela di granchio sulle pudenda, svenne. Lei inciampicò sul corpo stramazzato del marito e immediatamente il famelico miagolume lì ricoprì stimolando la curiosità, per altro, di un imprecisato numero di roditori e un paio di sciami di vespe. Fu necessario chiamare la disinfestazione.
Due giorni dopo l’assistente sociale voleva portare via il figlioletto Carmelo, che aveva seguito tutta la scena dall’altalena del parco vicino casa. 
Per i successivi tre giorni era in grado di pronunciare solo le parole arùspice, stabbiuòlo e croton-tiglium.

5 commenti:

  1. Inalare per una vita il cif ammoniacal puo' fare questo effetto!
    Divertentissimo :D

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  2. Faccio il tifo per vederti pubblicato. Sulla carta o su E-book. ovunque. Anche a piccoli manifesti in strada. Su pareti grigie e scrostate che prenderebbero vita all'improvviso. Mentre chi passa sui piedini rinchiorti getta l'occhio di sfuggita.

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    1. Al momento mi sono messo sul lato "dare la precedenza" dell'incrocio: comincia a piacermi davvero il ghost writing. Comunque l'idea dei piccoli manifesti in strada non è mica male, un'alternativa curiosa al self-publishing ; )

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  3. Ho letto, in questa curiosa veste tipografica, decine di poesie per le strade di Firenze.. una tecnica molto in(tonaco)

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